Una nuova terapia per le infezioni da Macrorhabdus Ornitogaster nei volatili ornamentali del Dott. Stefano Figurella

Lo studio risale ad alcuni anni fa appena dopo che fu ritirato dal mercato italiano il Fungilin; a quel tempo come veterinario clinico mi trovai improvvisamente privo del farmaco di elezione nei confronti di una patologia molto frequente negli allevamenti di canarini, esotici, fringillidi e psittacidi di piccola taglia. Mi trovai quindi spesso impotente nella terapia di questo micete che risultava sensibile agli imidazoli (fluconazolo, itraconazolo, ketoconazolo) solo raramente.
In tali condizioni iniziai una sperimentazione a mie spese su soggetti infettati dal Megabattere provando diverse sostanze ad attività fungistatica-fungicida, battericida ed antifermentativa.
Si trattava di una vera e propria emergenza sanitaria e quindi non si poteva andare per la sottile visto che nessuna università, istituto zooprofilattico, associazione ornitologica voleva affrontare il problema: testai oli essenziali, acidi organici, disinfettanti, anticrittogamici da coltura, conservanti dell’industria alimentare, ecc…
Il principio era trovare la dose massima della sostanza in grado di essere somministrata senza procurare sintomi di intossicazione negli uccelli, di ridurla per precauzione ad un terzo, e quindi di valutarne l’efficacia a tali dosaggi sul parassita. (centinaia di esami coprologici prima e dopo la somministrazione).
Testai (a mie spese) acido propionico, acido formico, acido sorbico, acido benzoico e benzoati, acido caprilico, acido undecilenico, nitriti, permanganato di potassio, ipocloriti, oli essenziali di malaleuca, GSE, solfato di rame, acqua ossigenata, in un monumentale studio della durata di almeno un quinquennio.
I risultati furono una totale assenza di attività sui ceppi da me individuati per la maggior parte delle sostanze testate o esse avevano un’azione sul micete ma mostravano una dose tossica più bassa di quella terapeutica.
Tre sostanze dimostrarono attività tangibile: propionato, nitrito di potassio e perossido di idrogeno (acqua ossigenata).
Il propionato ed il nitrito evidenziarono attività transitoria sui ceppi testati, il megabattere subito incassava il colpo ma diventava resistente durante il trattamento; il nitrito poi risultava poco sicuro dando origine a tossicità nel medio periodo.
L’acqua ossigenata 3% 10 volumi alla dose di 50ml + 950 ml di acqua risultava devastante per il parassita; addirittura dopo 24 ore le feci non presentavano più megabatteri o vi erano “corpi” o porzioni di esse visibilmente danneggiati (ed invito i colleghi che hanno passione e dimestichezza col microscopio a verificare ciò); essa presentava un’azione più potente ed immediata della stessa amphotericina (Fungizone).
Bisogna però ricordare che l’acqua ossigenata risulta tossica se si supera di tre volte il dosaggio sopra citato, quindi è meno maneggevole rispetto al Fungizone che può essere assunto dai volatili in dosi industriali senza avere controindicazioni (l’amphotericina B è molto tossica se iniettata a dosaggi maggiori di quelli terapeutici ma risulta assolutamente sicura per via orale a causa dello scarsissimo assorbimento intestinale). Entrambe le sostanze hanno un’azione locale uccidendo i megabatteri che riescono a “toccare” quindi quelli localizzati sulla superficie della mucosa gastrica (i soggetti che hanno un’infestazione negli strati profondi della mucosa o addirittura in sede extragastrica avranno un beneficio transitorio dalla somministrazione del Fungizone come dell’acqua ossigenata). Sono poi ipotizzabili trattamenti per lunghi periodi (maggiori dei canonici dieci giorni) per negativizzare parte dei soggetti più gravi grazie al normale esfoliarsi della mucosa che porterebbe in superficie i patogeni più profondi.
L’acqua ossigenata rappresenta un’ulteriore arma per combattere questo parassita: è certo che finchè si avrà il Fungizone a basso costo (per allevatori portati ad eccedere o non in grado di utilizzare un dosaggio predefinito) essa avrà un ruolo secondario negli allevamenti italiani.
E se togliessero anche il Fungizone? Se comparissero ceppi di megabatteri resistenti all’amphotericina? Se qualcuno iniziasse a comminare sanzioni per chi lo detiene non essendo registrato in Italia? Credo che questa scoperta debba essere accolta come qualcosa di positivo (ricordo ai detrattori che io non vendo acqua ossigenata, qualcuno magari lo può pensare)visto che dopo anni di studi e sperimentazioni finanziate privatamente , è stata messa a disposizione di tutti coloro che amano questo hobby “gratuitamente”. La passione per l’ornitologia mi sprona ad affrontare sempre nuove sfide, animate dalla passione per la ricerca. Constatare che anni di lavoro vengano messi in secondo piano a seguito discussioni prive di riscontri oggettivi lascia “l’amaro in bocca”.
Per rispondere ad alcuni ricordo che:
• Gran parte degli allevatori non sanno se è presente o meno il megabattere perché non sono seguiti da un veterinario aviare, da qui i “trattamenti precova”;
• il perossido di idrogeno è ad uso esterno ma ad i dosaggi da me indicati non provoca danno all’animale mentre “brucia” il megabattere;
• il “microbioma” è da rispettare ma se l’alternativa è morire di proventricolite esso deve essere messo in secondo piano, (è circa la distanza che passa tra un cancro ed un’unghia incarnita) visto che comunque nella pratica clinica i soggetti si rimettono anche senza i batteri anaerobici. D’altra parte se fossero questi ultimi così indispensabili gli antibiotici sarebbero stati messi al bando da parecchi decenni.
• Il megabattere è un organismo che è simile ad Alien, vive a ph 2 (ambiente molto acido), in assenza di ossigeno, ed è un patogeno primario in grado di procurare danni enormi allo stomaco dei volatili . Se è presente deve essere rimosso il prima possibile: la dieta varia, l’omeopatia, le foglioline verdi ed i frutti di bosco, la tisana della nonna, o prodotti che dopo alcuni mesi forse lo contrastano devono lasciare il posto a qualcosa di più concretamente efficacie.
Stefano Figurella

Articolo pubblicato su Italia Ornitologica n.1 Gennaio 2013

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